Artista:
Irene Fenara
Curatela:
Testo:
Periodo:
Dal 28 aprile al 17 maggio al
Sito:
In collaborazione con:
Francesco Privato
La giovanissima artista bolognese si impossessa delle sale espositive: parcellizzazioni del mondo esterno e della natura entrano in Adiacenze decostruendo la percezione visiva e spaziale degli spettatori.
Tutto diventa il contrario di tutto: il lontano si avvicina e il vicino si allontana; il sotto diviene il sopra e il sopra il sotto; il cielo è terra o mare; le stanze nelle stanze che contraddistinguono la nuova sede di Adiacenze, si voltano per poi tornare in piano in una nuova prospettiva orizzontale costruita dalla stessa artista attraverso immagini e video che instaurano tra di loro e con lo spettatore un dialogo ribaltato. Le coordinate delle geografie rappresentate e quelle dello stesso spazio sono confuse e i punti di riferimento vengono messi in discussione in modo tale da creare una sensazione di vertigine tattile.
Lo spazio espositivo viene presentato semivuoto e questa assenza accentua l’idea di straniamento. L’artista porta a pensare che il vuoto è un punto di quiete in cui tutto può accadere e in questo senso provoca un sentimento di angoscia e disorientamento simile alla sensazione di vertigine che si ha di fronte a cose nuove molto più grandi di noi come ad esempio il mare o le montagne.
Questo progetto, infatti, è stato pensato da Irene Fenara proprio nel momento di limbo dello spazio espositivo, nei mesi precedenti all’apertura, in cui le stanze sono caratterizzate solo dalla loro architettura, ma tutto è ancora vuoto, il momento in cui tutto può accadere ma ancora non se ne ha una coscienza visiva e percettiva. L’artista ribalta quindi questa visione dandone una propria e rimettendo in discussione l’idea stessa della rappresentazione del mondo: che cosa è realmente ribaltato, la struttura, le fotografie e i video o proprio noi stessi che guardiamo?